Matrimonio rato e consumato – celebrato e completato


Can. 1061 - §1. Il matrimonio valido tra battezzati si dice solamente rato, se non è stato consumato; rato e consumato se i coniugi hanno compiuto tra loro, in modo umano, l'atto per sé idoneo alla generazione della prole, al quale il matrimonio è ordinato per sua natura, e per il quale i coniugi divengono una sola carne.
§2. Celebrato il matrimonio, se i coniugi hanno coabitato, se ne presume la consumazione, fino a che non sia provato il contrario.
§3. Il matrimonio invalido si dice putativo, se fu celebrato in buona fede da almeno una delle parti, fino a tanto che entrambe le parti non divengano consapevoli della sua nullità.

Il can. 1061 §1, definisce «l'atto coniugale»: «L'atto a) per sé idoneo alla generazione della prole, b) al quale il matrimonio è ordinato per sua natura; c) e con il quale i coniugi divengono una sola carne». Sono indicate le note specifiche dell'atto coniugale, e cioè: a) la sua funzione generativa, b) la sua esclusività nel matrimonio, c) la sua funzione unitiva fra i coniugi a cui permette di «consumare», di attuare nella sua pienezza la loro intima comunione.
Con riferimento a questa definizione, già esistente nella legislazione precedente, Paolo VI ricorda che il magistero ecclesiastico, «richiamando gli uomini all'osservanza delle norme della legge naturale, interpretata dalla sua costante dottrina, insegna che qualsiasi uso del matrimonio deve rimanere per sé destinato alla generazione della prole». Dunque, per essere coniugale, per assolvere il suo duplice simbolo e compito «unitivo e procreativo», l'atto che fonde gli sposi in casta intimità, deve essere per sé, nella sua struttura naturale, ordinato alla trasmissione della vita umana. La maniera in cui l'azione, la copula coniugale, è posta deve essere tale che se non vi fossero difetti o ostacoli da parte delle successive operazioni coordinate allo stesso fine, potrebbe proseguire nella sua ordinazione e destinazione iniziale e concludersi nella effettiva generazione della prole.
Infatti, nel processo che conduce alla generazione, si deve distinguere l'azione umana e l'azione della natura.
Elementi canonici della consumazione del matrimonio:
da parte dell'uomo: erezione del pene maschile, penetrazione in vagina della donna ed eiaculazione del seme nella vagina.

Da parte della donna: lasciarsi penetrare in vagina e ricevere il seme virile.
L'atto coniugale si esprime prima nella parte esteriore – visibile: è l'atto intimo sessuale che unisce anche fisicamente i coniugi a cui l'uomo concorre, il penetrare ed eiaculare nella vagina della moglie e la donna con l'accogliere il membro e il seme virile. La seconda, invisibile, è l'insieme delle altre condizioni anatomiche e funzionali necessarie a che l'amplesso coniugale, l'azione umana, porti alla trasmissione della vita. Fra queste due azioni, come atto coniugale deve essere inteso solo l'azione umana, anche se la sua attitudine, la sua apertura a generale la prole, per una carenza o un ostacolo esistente nell'azione della natura, non si traduca in effettiva fecondità.